Roma

Caso Marrazzo, quattro carabinieri condannati per il tentato ricatto

(ansa)
Inflitti 10 anni di reclusione a Nicola Testini e Carlo Tagliente, 6 anni e mezzo a Luciano Simeone e 3 anni a Antonio Tamburrino. Il legale dell'ex presidente della Regione: "Atteso nove anni questa pronuncia che accogliamo con soddisfazione"
aggiornato alle 21:46 2 minuti di lettura
Quattro carabinieri sono stati condannati dai giudici della nona sezione penale del tribunale di Roma in relazione al tentativo di ricatto ordito ai danni dell'allora governatore del Lazio, Piero Marrazzo, sorpreso nell'abitazione della transessuale Natali in via Gradoli il 3 luglio 2009.

Il collegio, presieduto da Zaira Secchi, ha inflitto 10 anni di reclusione (più una multa di 50mila euro a testa) ai carabinieri Nicola Testini e Carlo Tagliente, 6 anni e mezzo a Luciano Simeone e 3 anni a Antonio Tamburrino. Per Testini, Tagliente e Simeone la sentenza di condanna prevede l'interdizione perpetua dai pubblici uffici con l'estinzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. I tre non sono quindi più carabinieri. Invece per Tamburrino è stata disposta l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.

Testini, Simeone e Tagliente, che all'epoca dei fatti controllavano l'area di Roma Nord, Cassia-Trionfale, sono stati assolti, tra l'altro, dall'accusa di associazione per delinquere "perche' il fatto non sussiste" ma ritenuti colpevoli di concorso in concussione ai danni di Marrazzo, per averlo costretto a consegnare loro tre assegni per un importo complessivo di 20mila euro, e di quello in rapina per essersi impossessati di 5mila euro, in parte dell'allora esponente politico e in parte della transessuale Natali. Ai tre è contestata pure una rapina (del 31 luglio 2009) ai danni di un altro trans, privato di un cellulare, di un Ipod e di un orologio, oggetti che gli sarebbero stati sottratti durante una perquisizione in casa "effettuata con modalità intimidatorie".

Testini e Tagliente, poi, sono stati condannati per una violazione della legge sugli stupefacenti per aver indotto un loro informatore a procurarsi 6 grammi di cocaina e a collocarla nell'auto di un'altra persona, del tutto inconsapevole, nell'agosto del 2004. Al solo Tamburrino è stato attribuito il reato di ricettazione di un video, girato con un telefonino il giorno del blitz in via Gradoli da Tagliente e Simeone (che entrarono nell'appartamento di via Gradoli, perchè Testini era in ferie a Bari), che ritraeva Marrazzo in casa della trans e che nelle intenzioni dei militari dell'Arma, che speravano di guadagnarci sopra tra gli 80 e i 100mila euro, doveva essere commercializzato.

Testini, Simeone, Tagliente e il ministero dell'Interno, nella veste di responsabile civile, dovranno risarcire i danni in separata sede a Marrazzo e a Natali (che ha beneficiato della prescrizione, per due episodi di spaccio di droga, commessi tra gennaio e giugno 2009). I tre sono stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena. Il loro rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è da considerare estinto. Tamburrino, anche lui chiamato a risarcire i danni in sede civile alle principali vittime di questa vicenda, è stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni. Il tribunale ha deciso di trasmettere gli atti alla Corte dei Conti per quanto di sua competenza.

Tutti e quattro gli imputati dovranno infine risarcire i danni (sempre da calcolare in separato giudizio) al ministero dell'Interno (stavolta come parte civile) e a quello della Difesa.

"La sentenza riconosce in pieno la colpevolezza degli imputati che, disonorando la propria divisa, si sono resi responsabili di un ignobile sopruso e di un vile ricatto criminale". Così Luca Petrucci, legale di Piero Marrazzo, dopo la sentenza. "Piero Marrazzo ha atteso nove anni questa pronuncia che accogliamo con soddisfazione", ha aggiunto Petrucci. "Anche in questo momento- ha precisato l'avvocato- da uomo delle istituzioni, da giornalista del servizio pubblico e, soprattutto, da cittadino perbene, Piero Marrazzo tiene a ribadire la propria massima considerazione nell'Arma dei carabinieri che è, insieme a lui, la vittima principale dei crimini commessi da questo manipolo di 'mele marce'".