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Roma, Di Francesco in bilico: contro l'Inter si gioca la panchina

Eusebio Di Francesco (reuters)
La qualificazione agli ottavi di Champions non è riuscita a restituire il sorriso al tecnico che deve fare i conti con una squadra che non sembra in grado di dare una sterzata alla sua stagione. Domenica il confronto con i nerazzurri degli ex Spalletti e Nainggolan può essere decisivo
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ROMA - Dice Eusebio Di Francesco - è tarda notte all'Olimpico dove tutti si domandano frastornati se la Roma sia una felice e bella squadra perché si è già qualificata agli ottavi di Champions League o una squadra triste e mediocre perché perde troppe partite e i traguardi raggiungibili sono a oggi solamente virtuali - "stasera sono arrabbiato". Lo ripete quasi sempre dopo molte, troppe partite senza anima della sua Roma. L'Eusebio Furioso è ormai un campionario di slogan che toccano più o meno sempre gli stessi capitoli. 1) Il gioco, 2) gli episodi, 3) i giovani, 4) gli infortunati, 5) l'arrabbiatura. Ogni partitaccia e soprattutto ogni sconfitta della Roma si potrebbero raccontare così, riaprendo e rileggendo i capitoli già letti. Quasi sempre la Roma perde secondo questo schema, vero o immaginario poco importa, visto e raccontato comunque dall'allenatore: e cioè, nonostante abbia dominato nel gioco (1), a causa di episodi (2) che hanno favorito gli avversari, con l'inesperienza giustificabile dei giovani (3) che hanno dovuto rimpiazzare gli infortunati (4) e dunque Di Francesco si arrabbia (5). 


Di ripetuto c'è soprattutto oggi un piccolo interessante particolare: il cazzotto che l'Eusebio Furioso ha sferrato al plexiglass della panchina e il cui rumore si è sentito fino in tribuna, che richiama lo stesso gesto fatto durante Roma-Atalanta 3-3 del 27 agosto, e in cui si fratturò addirittura la mano. Vuol dire che in tre mesi esatti - 27 agosto, 27 novembre - poco o nulla è cambiato e che i problemi che c'erano allora ci sono oggi, e anzi più la stagione va avanti e più diventa complicato recuperare. Ne sanno qualcosa i poveri metacarpi dell'allenatore, basterebbe chiederne conferma alla povera panchina che ha visto molte cose e dunque sa.

Tra l'altro la dicotomia tra la depressione del campionato (7° posto, 12 punti in meno dello scorso anno) e l'esaltazione della Champions League (qualificazione raggiunta con un turno d'anticipo e ruolino di marcia rispettato, dopo l'esaltante semifinale dello scorso anno) si è in buona parte assorbita, come un volano che potrebbe aver esaurito la forza d'inerzia. La Roma ha superato bene Cska Mosca e Viktoria Plzen, piccole squadre che si sono soprattutto fagocitate tra loro, ma è stata discretamente maltrattata dal Real Madrid (5 gol presi tra andata e ritorno).


L'Eusebio Furioso che ha preso il posto del Tenero Eusebio dello scorso anno, è dunque un allenatore in bilico. Se lo sia per colpe sue o di altri è argomento superfluo e del tutto accademico. Da che calcio e calcio gli allenatori pagano ingiustamente per tutti, anche per quei dirigenti che ti costruiscono squadre di educati ventenni - pensando di ricavarne un giorno, ben cresciuti e pasciuti dallo stesso allenatore,  manciate di milioni - cui tocca poi prendere d'assalto il Real Madrid di feroci veterani d'Europa. E infatti dopo aver esibito gioco, dribbling e clamorosi tiri alle stelle in mezzora di spettacolare e divertente Playstation ma anche fatto tutto sommato il solletico a gente come Ramos e Varane, Marcelo e Modric, Bale e Benzema, i giovanotti si sono spaventati e sono letteralmente spariti dal campo sperando che il Real non infierisse. Impressionante il tasso di gioventù - anche per causa di forza maggiore, dati gli infortuni di De Rossi, Lorenzo Pellegrini, Dzeko e in corso di partita pure El Shaarawy - rilevato in campo. Zaniolo (classe 1999), Kluivert ('99) Under ('97), Coric ('97), Schick ('96): esperienza di Champions League vicina allo zero. La sana e giusta politica economica del calcio giovane fa presto a scadere dall'encomiabile all'avventuristico.


All'allenatore più che l'impreparazione dei giovani campioncini su cui la Roma ha scommesso tutto e di cui non è certo responsabile (è probabile che quei vecchiacci di Ronaldo & Mandzukic se li sarebbe presi volentieri...), si può chiedere conto soprattutto di due cose: 1 - i risultati negativi contro squadre più piccole e soprattutto meno ricche (Chievo, Bologna, Spal e Udinese); 2 - la quantità insopportabile di infortuni che al momento escludono De Rossi, Lorenzo Pellegrini, Dzeko, El Shaarawy, Perotti, Pastore. E infatti l'allenatore stesso nella notte del dopo Roma-Real ha ammesso: "dobbiamo cominciare a farci delle domande perché sono tutti un po' simili". Se è sempre sfasciata la Roma non avrà mai molte speranze di riprendersi e di centrare l'obbiettivo di una nuova qualificazione alla Champions, invero sempre più lontana.

La partita con l'Inter di domenica sera rischia dunque di  diventare decisiva per il povero e bistrattato Di Francesco, che ufficialmente si tiene in equilibrio sulla fiducia di Pallotta & (diciamo soprattutto il ds Monchi, meglio...), ma che sa benissimo che il destino è tutto nelle sue mani. E soprattutto nella testa di Luciano Spalletti e nei piedi del Ninja Nainggolan che rischiano di trasformare la partita di domenica sera con l'Inter, questa sì, in un vero sabba di emozioni, risentimenti, veleni, tensioni. 

L'Eusebio Furioso sa benissimo che prima di lui in questo tunnel sconvolgente sono passati Luis Enrique (soprannominato Zichichi da Totti & C...), Capitan Fracassa Garcia, e Rododendro Spalletti. Buona parte del pubblico è ancora dalla sua parte, ma la piazza è anche una banderuola esposta al vento e alla bufera. E i fischi impietosi della curva possono essere una sentenza per tutti, non solo l'Eusebio Furioso, ex Tenero Eusebio: "L'umore della piazza purtroppo oggi è questo, va accettato. Noi possiamo pedalare e basta". 
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