Scienze

Misurata tutta la luce dell'universo. Un italiano alla guida dell'esperimento

Un team di scienziati della Clemson University, di cui fa parte anche l’italiano Marco Ajello, ha calcolato per la prima volta al mondo la luce prodotta da tutte le stelle dell’Universo osservabile a partire dal Big Bang  
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UN RISULTATO SPERIMENTALE importantissimo e primo nel suo genere. Che aiuterà a far luce - il gioco di parole è inevitabile - sulle dinamiche che hanno regolato la nascita delle stelle e galassie del nostro Universo, una decina di miliardi di anni fa. Tutto si deve al lavoro di un'équipe di scienziati della Clemson University, di cui fa parte anche l'astrofisico italiano Marco Ajello, che è riuscita per la prima volta al mondo, usando i dati raccolti dal Fermi Gamm-ray Space Telescope, uno degli 'occhi' spaziali della Nasa, a quantificare tutta la luce emessa dalle stelle dell'Universo a partire dalla sua nascita. I dettagli dell'esperimento sono stati appena pubblicati sulla rivista Science
L'astrofisico italiano Marco Ajello della Clemson University 
• UN PARADOSSO, UNA SPIEGAZIONE 
Per raccontare il lavoro degli scienziati è bene partire da un famoso paradosso descritto per la prima volta da Keplero all'inizio del diciassettesimo secolo e poi ripreso dall'astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers (da cui effettivamente prende il nome) nel 1826. Dato che l'Universo è infinito, esiste da un tempo infinito ed è immutabile, e dato che le stelle sono disposte in modo uniforme nello Spazio, si chiedeva Olbers, non è possibile che il cielo notturno è buio: dovremmo vederlo inondato di luce, dal momento che le stelle illuminano il nostro pianeta da ogni tempo e da ogni dove. In realtà, oggi sappiamo che non è così: in particolare, l'Universo esiste da un tempo finito (in particolare la sua età è valutata in 13 miliardi di anni) ed è tutt'altro che immutabile, nel senso che stelle e galassie si allontanano le une dalle altre con velocità crescente. Risolto il paradosso, però, la domanda di fondo rimane: dove è finita, e quanto è intensa, la luce emessa da tutte le stelle presenti attorno a noi? 

• UNA LAMPADINA NEL BUIO 
È proprio questa la domanda da cui sono partiti gli astrofisici di Clemson. E, nonostante la complessità della misura, sono riusciti a trovare una risposta soddisfacente. "Usando i dati del telescopio spaziale Fermi", ci racconta Ajello, "siamo riusciti a misurare tutta la luce emessa dalle stelle dell'Universo. Si tratta di una misura estremamente difficile, perché la luce stellare che raggiunge il nostro pianeta (a eccezione di quella proveniente dal Sole e dalle stelle della Via Lattea) è molto debole, e di conseguenza complessa da rivelare". Quanto debole? All'incirca come quella di una lampadina da 60 watt posta a quattro chilometri di distanza. Per riuscire a "vedere" questa lampadina, Ajello e colleghi hanno dovuto ricorrere a una misura indiretta, servendosi della luce emessa dai cosiddetti blazar. Si tratta di galassie che contengono buchi neri supermassivi e che emettono getti di particelle estremamente energetiche, tra cui i fotoni gamma. "Viaggiando nello spazio, i fotoni gamma interagiscono con i fotoni della luce stellare e vengono quindi assorbiti", spiega ancora Ajello. "Per questo, ci si può servire dell'osservazione dei fotoni gamma, particolarmente luminosi, per misurare la densità di fotoni stellari che questi hanno incontrato durante il loro percorso".  In altre parole, misurando la quantità di fotoni gamma assorbiti, gli scienziati sono riusciti a determinare quanto fosse "densa" la luce stellare, sia in funzione dello spazio che del tempo. Cioè, per l'appunto, a misurare quanta luce hanno emesso le stelle dal momento della nascita dell'Universo. Il risultato? 4 x 1084 fotoni, o, se preferite, 4.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000 fotoni. Ma il cielo notturno questo non lo sa, e continua a rimanere imperscrutabilmente, stupendamente buio.